Continua l’attività didattica di Foldtani Srl e Comitato Bevere.
Con l’intero plesso scolastico (dalla 1° alla 5° elementare, in totale 96 bambini) di Gaggio di Nibionno (LC) siamo andati in visita alle sorgenti del Fiume Lambro.
Il Lambro, il principale fiume della Brianza che aveva la triste fama di essere tra i più inquinati della pianura lombarda – nasce proprio nel cuore del Triangolo Lariano, ad una quota di 944 metri presso il Pian Rancio e, almeno in questo suo primo tratto, scorre ancora limpido, in ambienti non eccessivamente degradati dall’uomo.
La sua sorgente si trova immersa in un magnifico bosco di larici e abeti, i cui aghi determinano una copertura continua del suolo con conseguente povertà floristica del sottobosco, ma conferiscono all’ambiente un’atmosfera quasi incantata.
Il nome di questa sorgente, “Mena-resta”, rispecchia la sua caratteristica più curiosa: ha infatti una portata variabile, ovvero in alcuni momenti versa abbondantemente acqua e in altri meno.
Tale curioso fenomeno è dovuto alla natura carsica della zona e alla conseguente presenza di cavità nella roccia calcarea che si riempiono molto lentamente per poi svuotarsi in un solo colpo come una sorta di sifone naturale.
Narra un’antica leggenda che Autari, re dei Longobardi si fosse convertito al Cristianesimo grazie al ritorno delle acque nei fiumi della Brianza, a partire da quelle del Lambro con la rinascita della Menaresta, ottenuta dalle preghiere della Regina Teodolinda.
Come si raggiunge
Dal paese di Magreglio (744 m) si arriva con una strada carrozzabile alla località Pian Rancio (973 m) dove c’è la possibilità di parcheggio. Qui si seguono le indicazioni per il lariceto dove sono le sorgenti del Lambro.
La struttura geologica che alimenta la Sorgente del Lambro si sviluppa in corrispondenza dei rilievi prealpini a morfologia accidentata con valli incise, creste pronunciate e notevole pendenza dei fianchi montuosi. È in altre parole il risultato combinato dell’azione dell’orogenesi e dell’erosione che ha portato all’affioramento di una spessa sequenza carbonatica mesozoica, i cui singoli termini sono individuabili percorrendo le valli del Triangolo Lariano da Nord verso Sud.
Nella porzione orientale e Nord-orientale, ivi compresa la Sorgente Menaresta, affiorano le rocce più antiche. Si tratta in questo caso di formazioni triassiche ove frequente è la presenza di dolomie e calcari di scogliera, testimoni della prevalente deposizione di carbonati in un ambiente marino tropicale/equatoriale con acque relativamente poco profonde.
Queste formazioni si presentano spesso in grossi banchi rozzamente stratificati con una buona resistenza all’erosione ma non alle sollecitazioni tettoniche testimoniate da considerevoli fasce di detrito ai piedi delle pareti principali.
Come già detto, tutta l’alta valle del Lambro e con essa la Sorgente Menaresta risulta incisa nella formazione triassica della Dolomia Principale cui fa seguito, verso meridione, la Dolomia a Conchodon ed ancora più sotto i Calcari di Moltrasio (Giurassico – Lians inf.).
Questa successione carbonatica è facilmente individuabile su estese porzioni rocciose prodotte dai movimenti differenziali esercitati a livello della crosta terrestre ed oggi affioranti senza essere occultate da coltri di depositi sciolti superficiali.
Se per i termini più recenti della successione carbonatica i motivi strutturali hanno reso un contributo più che apprezzabile al modellamento morfologico, citiamo per importanza l’articolato sovrascorrimento di Canzo – Caslino d’Erba, nei territori triassici, sia per l’età più antica sia per la maggiore fragilità delle rigide masse dolomitiche calcaree, l’assetto strutturale è dominato unicamente da faglie e fratture d’ordine minore che hanno suddiviso il substrato in diverse porzioni.
Se dal punto di vista idrogeologico la sorgente del Fiume Lambro è individuabile sul Piano Rancio in località “Menaresta” (922 m s.l.m.), sotto il profilo idrologico il corso d’acqua nasce qualche centinaio di metri più in quota (1324 m s.l.m.) lungo il versante esposto ad oriente del Monte Forcella.
Qui possiamo facilmente distinguere il solco inciso nella roccia dalle acque di scorrimento che alimentano il bacino idrografico del Lambro; si tratta però di apporti legati perlopiù alle precipitazioni meteoriche, tanto che il letto dell’alveo rimane praticamente asciutto per gran parte dell’anno.
È quindi a ragione che la sorgente del Lambro è comunemente indicata in località Menaresta da dove scaturisce attraverso una frattura aperta nel basamento dolomitico.
Ha una portata pressoché continua per tutto il corso dell’anno, ma ad un attento esame mostra un andamento intermittente o meglio intercalante dove, a periodi con modesti apporti, fanno seguito intervalli con sensibili incrementi di portata per poi ancora ristabilire il volume primitivo.
Questo particolare andamento, tipicamente associato alla litologia della formazione triassica, è prodotto dalla presenza di un serbatoio d’acqua sotterranea collegato alla bocca d’erogazione della sorgente per mezzo di un condotto a forma di sifone rovesciato
Quando il livello d’acqua nel serbatoio raggiunge il livello corrispondente al gomito A del sifone, la sorgente incomincia ad incrementare gli apporti sino a che il livello dell’acqua nel serbatoio scende al livello B.
Da questo istante la sorgente riduce la portata sino a che le fessure di alimentazione non hanno riempito nuovamente il serbatoio al di sopra del livello A.
Per continuare a fornire acqua anche durante la fase di ricarica, è probabile che nel ramo discendente del sifone vi siano alcune fessure che alimentano perennemente la sorgente come ipotizzato sulla figura
Le sorgenti di questo tipo non sono infrequenti nella nostra regione, basti pensare alla “Pliniana” nei pressi di Torno, che presenta tre riduzioni di portata, anche se non molto regolari, nell’ambito di 12 ore d’osservazione.
Abbiamo accennato in precedenza all’importanza della litologia per comprendere meglio il particolare assetto idrogeologico che si è andato ad instaurare: ebbene, per quanto il grado di solubilità delle dolomie sia nettamente inferiore a quello dei calcari, non è raro osservare manifestazioni carsiche anche nei pressi della sorgente, su rocce quindi dolomitiche. Qui il processo di carsificazione è però decisamente più lento anche se sì riproduce con le stesse modalità e caratteristiche di un basamento calcareo. Non è raro trovare nelle rocce dolomitiche grotte, doline, voragini e sorgenti, anche se lo sviluppo della circolazione idrica sotterranea si attesta su valori ben più modesti rispetto al modello calcareo.
Anche per questo la Sorgente Menaresta rappresenta una peculiarità della nostra regione, un esempio di una particolare condizione geologica da preservare. Vista la vulnerabilità dell’ambiente si rende pertanto necessario procedere ad un’indagine conoscitiva pluridisciplinare per avere un quadro reale e più approfondito in grado di fornire indicazioni per la gestione e salvaguardia futura della sorgente.